Sono arrivata circa alle 4,30 di mattina, ora locale, e il mio prossimo volo per Roma è alle 9,35. Di dormire non se ne è parlato: tra via vai, colazioni servite appena saliti, hostess e co. ipercinetici, luci accese poi spente poi accese. Ormai stanotte va così, si passa alla prossima.
Non vedo l'ora di vedere le facce dei miei cagnoloni, so che hanno un po' patito l'assenza. Greta, o meglio, Gretona, ultimamente ha voluto dormire vicino al mio letto e Indio è giù di corda, d'altronde le coccole che faccio io loro non gliele fa nessuno, neanche il capobranco in carica.
Per non parlare dei micioni e della canetta piccola, che già immagino si farà la pipì addosso per l'emozione quando mi rivedrà.
Mi passano per la mente immagini flash del viaggio: il primo giro in barca sul Mekong, la festa a Savannakhet con le comari, la cena col capovillaggio sdentato che voleva che tutti ci ubriacassimo di lao lao, il giro in rafting, i bambini del villaggio lungo la Route 13, i monaci che camminano per le strade di Luang Prabang (macchie arancioni nel verde), gli acquazzoni di pioggia tiepida, la vista del lungofiume di Vientiane dall'alto del locale dove abbiamo preso l'aperitivo. E altro ancora.
A volte, prima di una partenza, mi chiedo Ha senso? Perché partire? Non so se vi è mai capitato... Mi viene sempre in mente il libro di Bruce Chatwin "Che ci faccio io qui?" ed è diventato un po' il mio motto. Spesso la risposta arriva dopo, al ritorno, quando senti di aver appreso qualcosa di cui prima ignoravi l'esistenza, quando i ricordi vengono metabolizzati in esperienze.
Più che allungarla la vita, bisognerebbe allargarla, e viaggiare è forse uno dei pochi modi che abbiamo a disposizione per farlo.
Insieme ai libri, naturalmente.