mercoledì 20 giugno 2012

Savannakhet, e una vecchia canzone italiana

Arrivati a Savannakhet dopo diverse ore di viaggio e dopo aver pranzato nell’unico
  ristorante vegetariano della cittadina (in realtà è la terza città del Laos), abbiamo ritenuto opportuno dedicarci al relax totale per ritemprarci dal tanto tempo trascorso su ruote. Giornata all’insegna del relax, indubbiamente, anche perché in città non c’è molto da fare. Niente di meglio quindi di due ore di lao massage e, nel mio caso, anche di una seduta di riflessologia, così, tanto per provare, tanto qualche acciacco da qualche parte c’è sempre (v. cervicale, ad esempio, uccisa dai continui colpi di ventilatore e aria condizionata sparati sulle spalle o in testa).
Come di consueto, un’esperienza fantastica. Due ore di pressioni, in particolare sotto i piedi ma anche su gambe e braccia, per non parlare della schiena. Il tutto in un’atmosfera super-rilassante tanto da veder trascorrere le due ore in un attimo e non voler andare più via.
con due ragazze del centro massaggi
Ma bisognava muoversi. Tempo di aperitivo su una chiatta sul Mekong, a base di birra Lao e anacardi tostati, nonché frutta mista fresca come lychees, anguria, jackfruit, papaya, ananas, banane. 




aperitivi lao

Atteso il tramonto e passata almeno un’ora a sbevazzare, eravamo attesi a casa di Uan (almeno, è così che si pronuncia, non conosco l’esatto modo di scriverlo), la chef presso il cui ristorante abbiamo mangiato a pranzo. Ha invitato le comari sue vicine di casa e c’erano ovviamente le persone che abitano con lei a casa, ovvero la mamma, la zia, la cugina, etc.  per un pranzo tutti seduti per terra sulle stuoie, com’è tradizione, con una versione vegan dei piatti tradizionali laotiani. Eravamo una gran folla. Ci si è sistemati un po’ dappertutto dove c’era spazio e dopo i rituali per gli ospiti (intorno ad una specie di altarino con lacci e lacciuoli di stoffa bianca di cui ci hanno adornato i polsi), abbiamo iniziato la cena. Trionfo di verdure con salse molto piccanti, il solito sticky rice (riso glutinoso a cui è bene fare l’abitudine, dal momento che lo si ritrova in tutti i pasti), tofu, frutta fresca locale, etc. etc.


A seguire, una ragazza vicina di casa di Uan ha cantato alcune canzoni popolari accompagnata da un musicista e dal suo strumento, un insieme di canne legate tra loro di cui non ricordo il nome, inpronunciabile per noi.Dal momento che le signore, vicine di casa e parenti di Uan, non parlavano inglese, non erano stati possibili contatti “linguistici” con le altre persone straniere presenti. Fortunatamente la signora più anziana del gruppetto parlava ancora un po’ di francese, retaggio degli antichi “conquistatori”, e abbiamo aperto una breccia attraverso le sue basiche traduzioni alle altre signore di quello che io e lei siamo riuscite a dirci. Se sono sposata, quanti figli, cosa fa mio marito, ma soprattutto lo stupore perché la mia pelle, i miei occhi e i miei capelli erano straordinariamente simili ai loro. Questo ha creato grande compiacenza da parte loro, che hanno accostato più volte le loro braccia alle mie per vedere che il colore era simile, così i capelli e gli occhi. Mentre tra gli altri stranieri presenti (americani, australiani, inglesi) non ce n’era uno che non avesse occhi e capelli chiari. Hanno compreso quindi che non necessariamente un occidentale debba essere bianco e slavato! Hanno puntualizzato non poco anche il fatto che avessi un naso, ehm, come dire, non invisibile e io ho scherzato su quello che a me appare come “difetto”, mentre loro sostenevano di non amare il loro di naso, troppo piccolo e schiacciato. Benedetta insoddisfazione, il tuo nome è donna, ovunque nel mondo!!!Insomma, per farla breve, mi hanno tenuta vicina a loro tutta la sera, come si può vedere anche nella foto di gruppo fortemente voluta da tutti a fine cena.


Ah, dimenticavo. Dopo aver cantato l’ultima canzone laotiana, le comari della casa hanno fatto esplicita e imperativa richiesta di ascoltare canzoni dei nostri paesi. Si è fatta avanti Sybill, inglese di origini irlandesi, con una canzone tipica irlandese, cantata splendidamente. La mamma di Uan ha preteso una canzone italiana. Non potevo rifiutarmi o avrei offeso le mie ospiti. Voi cosa avreste cantato? Per un attimo mi sono scorse nella mente tutte le canzoni di cui conoscevo le parole, trovandone ben poche, ma urgeva una decisione in pochi secondi, mentre tutti mi fissavano.Beh, ho tirato fuori dalla memoria un paio di strofe di Via del Campo di Fabrizio de Andrè, spiegando loro chi fosse, di cosa trattasse la canzone (in fondo, un tema comune a tutti i paesi) e nel silenzio di tomba della casa ho iniziato a cantare Via del campo c’è una bambina, gli occhi grandi color di foglia, se di amarla ti vien la voglia….





Applausi fragorosi, americani che si sono venuti a congratulare (Good job Ariella!), mamma di Uan entusiasta che ha tenuto il ritmo con la testa tutto il tempo.
Caricati su un jumbo (una specie di tuk tuk, ma più grande) siamo tornati alla nostra guest-house. Davvero un piacevole scambio culturale. Le comari erano deliziose (a un certo punto erano scatenate, credo subito dopo aver masticato foglie di non so quale pianta).

cartello affisso nel locale di Uan

prodotti in vendita nel negozio veg annesso



5 commenti:

  1. WiWa le comari!!!! ci sono dappertutto.
    Però non dici come ti sei sentita tu dopo aver masticato le foglie.
    Poi 'sta storia dei massaggi la racconti per farci rosicare vero?

    RispondiElimina
  2. io non ho osato masticare niente, potevo rimanerci secca chissà... quanto alle comari, sì, sono uguali in tutto il mondo!

    RispondiElimina
  3. .........o magari non ricordi di aver masticato alcunchè!!! Ma cantare De Andrè in un villaggio laotiano nel cuore della foresta tropicale (odovediamnestate!!!) per un pubblico di comari laotiane....beh....è un'esperienza difficile da immaginare senza...ehm...incoraggiamenti!!!! :-D

    RispondiElimina
  4. ma dico io! non poteva cantare La società dei magnaccioni???? no, ha ammorbato 'sti poveri laotiani con De André.....e lei continua a negare di aver masticato. Bah!?

    RispondiElimina